Si dice che “le strade del Signore sono infinite”, trovo che questo detto sia di un’apertura totale e, al di là del significato religioso, è confortante sapere che abbiamo davanti a noi infinite possibilità per uscire dal labirinto che ci siamo creati, o che è stato creato per noi.
La veste della morte può essere indossata con dignità, così come lo stelo può resistere eroicamente ai venti, purché resti indomito ricorrendo al sacro istinto della sopravvivenza.
Il lupo è il mio esempio.
Poco dopo il grande Evento Clarissa incontrò un magnifico esemplare, un lupo solitario che le disse: “Dovevi incontrare me per capire che il lupo non è cattivo e per sciogliere le tue paure. Sono gli esseri umani che, non potendomi domare, hanno attribuito a me la cattiveria, che cattiveria non è mia ma loro. Hanno paura di amarmi, è questione di diffidenza reciproca. Ma quando si parla di amore vero, è un’altra cosa.
Amare non significa dar via l’anima, quella è e resterà tua, altrimenti saremmo plasmati dall’egoismo. Non è un atto ingeneroso: amare col cuore e con la ragione.”
Ci sono tante teorie religiose, alcuni parlano di vita eterna, altri della reincarnazione.
Espiando per gli errori di una sua vita precedente, per rinnovarsi ed arrivare alla illuminazione, non può essere un concetto valido, perché priverebbe l’uomo della sua libertà e la libertà è il respiro dell’anima.
In fatto è che gli uomini sentono il bisogno di giustificare gli eventi, soprattutto quelli negativi. E se invece vivessero senza giustificazioni, liberi da qualunque ipotetico conto sospeso?
Non sarebbe meglio lasciarsi andare agli Eventi senza chiedersi il perché. E fare come l’acqua del fiume che scorre seguendo la corrente verso il suo delta per poi diffondersi nelle acque del grande mare?
Credo che, almeno per una volta nella vita, tutti abbiano incontrato qualcosa che assomigli ad un sogno e abbiano attribuito a quel sogno, divenuto realtà, la responsabilità di non restare tale. Nulla è di più sbagliato. Un conto è il sogno, un altro conto è la realtà.
Meglio sarebbe una realtà che assomigli ad un sogno, è più consapevole alle eventuali cadute.
Clarissa non visse di sogni, semmai cercò il lato buono delle cose, perché anche il dolore ha qualcosa di buono da dare, se non altro offre la consapevolezza e l’interesse per la ricerca del vero.
La donna imparò a guardare oltre le cose evidenti, iniziò ad ascoltare l’anima.
Ella dal centro si spostò ai bordi. Aveva capito quanto potesse essere graziosa la solitudine ai bordi, vestita così com’era della sua storia e che le restituiva la libertà, una libertà non certo voluta, e perciò ancor più preziosa.
Non avrebbe permesso a nessuno di tarpare le sue ali. Ora erano aperti per i grandi voli, come l’aquila quando volteggia nell’aria, così la sua anima. La stessa anima che aveva perduto e che il lupo (la paura) le aveva restituito.
Vivere ai bordi dove la prospettiva verso il centro diventa più ampia, e poi si può come pregustare i tramonti e il tramonto altro non è che l’essenza del giorno.
Il giorno non muore ma si evolve, così come il tempo non finisce ma cambia.
“Se durante il giorno hai vissuto per il tramonto, capirai che non ha importanza sapere dove ti porterà l’essenza, l’importante è che tu l’abbia percepita, ma percepire essenza ha un costo, e questo costo può essere molto alto".
(incipit per un racconto).
Carmen
p.s. Mi piacerebbe tanto scrivere narrativa, ma so che ci sono delle tecniche da osservare che non so. Qualcuno potrebbe consigliarmi dei libri da cui posso apprendere? Grazie e buona lettura!